giovedì 20 ottobre 2016

Terrorismo e disagio sociale

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

Il terrorismo è una piaga che l’Europa conosce da tanti anni. È stato ed è di diverse matrici e ha periodi di stallo e di improvvisa ripresa. Al momento stiamo vivendo un suo ritorno di fiamma che probabilmente ci accompagnerà per molto tempo, diventando una nota di cronaca della nostra quotidianità. 
Per avere una chance di superamento del tipo specifico di terrorismo col quale oggi abbiamo a che fare è evidentemente necessario comprenderlo nel dettaglio, ma per comprenderlo è preliminarmente necessario porsi nella giusta prospettiva, ovvero in una prospettiva non ideologica. 
A tal fine, credo sia superficiale etichettare il terrorismo come l’esito di una ideologia violenta. Pericolosamente superficiale, non solo perché questa definizione è talmente ampia da poter significare tutto e niente, ma soprattutto perché più che un tentativo di comprensione sembra un tentativo di esorcizzazione, ovvero di rimozione dal mondo occidentale di quei due elementi (l’ideologia e la violenza) che invece lo connotano a tutto tondo, attribuendoli a qualcun altro.
Naturalmente, mi riferisco qui al fatto che un’ideologia può essere basata non solo sulla religione; ferita che l’Europa ha già subito con il fondamentalismo cattolico delle crociate e dell’Inquisizione e le varie lotte in senso allo stesso mondo cattolico. Qualsiasi pensiero che parte da premesse inquestionabili, dogmi, è ideologia, e il ruolo del dogma può essere giocato tanto da un dio quanto dal capitalismo, dal consumismo o dalla tecnologia.      
Quindi, per cercare di vedere le cose da una prospettiva non ideologica è indispensabile partire dalla problematizzazione del nostro punto di vista, da come oggi, sempre più spesso, decifriamo i fenomeni. Possiamo provarci con degli esempi.
Se un siriano o un migrante o un arabo o un islamico compiono un attentato, si innalzano subito cori per cui tutti i siriani, tutti i migranti, tutti gli arabi, tutti gli islamici sono potenziali terroristi e vanno quindi respinti nel loro mondo di terrore e inciviltà. Se però un americano compie una strage, il che avviene con inquietante periodicità, gli stessi coristi di cui sopra tacciono, considerandolo solo un singolo individuo disturbato non rappresentativo di tutti gli americani, sarebbe quindi assurdo dire di volerli bloccare e respingere nel loro mondo. Perché questa differenza di trattamento? (Repetita iuvant: se si ricorre all’argomento secondo cui gli uni sarebbero preda di un’ideologia violenta e gli altri no, si ritorna semplicemente al problema dell’esorcizzazione di cui dicevo prima.)   
Un altro esempio, più circostanziato.