giovedì 27 novembre 2014

2+2=4: coercizione o libertà? Orwell contro Dostoevskij

di Alessandro Palladino (alessandropalladino@alice.it; I di 2)

Dostoevskij ed Orwell sono due importanti scrittori che si sono interrogati con profondità sulla condizione umana, svelandone aspetti fondamentali. Nel presente lavoro si tenterà di analizzare come i due pensatori interpretano la condizione dell’uomo, focalizzando l’attenzione sulla formula matematica 2+2=4. Entrambi, infatti, evocano questa formula per fondare i propri ragionamenti sul tema della libertà umana, che difendono a spada tratta.[1] Tuttavia Dostoevskij ed Orwell hanno una posizione che sembrerebbe diametralmente opposta l’una dall’altra. Il presente lavoro ha come obiettivo l’approfondimento di questa differenza per verificare se si è davvero in presenza di posizioni contrapposte.[2] Per prima verrà analizzata la posizione dello scrittore russo.
Dostoevskij fa riferimento alla formula 2x2=4 nelle Memorie dal sottosuolo.[3] Quest’opera ha un’importanza notevole nel processo creativo del romanziere; infatti viene considerata dalla maggior parte degli studiosi come quella che inaugura la produzione matura. Con uno sguardo capace di abbracciare l’intera produzione dostoevskiana, bisogna riconoscere che quest’opera, scritta nel 1864, contiene già tutte le tematiche che verranno sviluppate nei grandi romanzi successivi. Le Memorie è un’opera tanto complessa quanto originale, che tra tutti i lavori dello scrittore può essere paragonata, quanto alla novità della forma, soltanto all’opera giovanile Il sosia.[4]
Le Memorie, scritte nel 1864, si dividono in due parti. Qui si analizzerà soprattutto la prima, quella in cui l’uomo del sottosuolo espone la sua “filosofia”. Il pensiero del protagonista è molto articolato e difficile da chiarire nel suo complesso. Nel presente studio ci si limiterà alla parte che più interessa in merito al confronto con Orwell.

venerdì 7 novembre 2014

Il ruolo della tecnica nell'antropologia gehleniana

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it; III di 3)

5. La ricerca di un equilibrio tra scienza, tecnica e industria: un’epoca di transizione

Tale posto è tuttora in via di formazione e la direzione attualmente presa è quella che è stata inaugurata dalla cosiddetta rivoluzione scientifica e dall’industrializzazione; questi due fenomeni, caratterizzanti la seconda svolta antropologica fondamentale, interagiscono con la tecnica e, proprio dalla loro unificazione, prende forma una nuova epoca. Ma quali sono allora i punti di contatto della tecnica con la scienza, da un lato, e con l’industria, dall’altro?
L’esperimento è, per Gehlen, il punto d’intersezione tra la tecnica e le scienze naturali; «l’anello di collegamento tra la tecnica e le scienze naturali è l’esperimento»(41). Un’ipotesi scientifica, infatti, per essere riconosciuta corretta deve essere sperimentalmente verificabile e, tale verificabilità, si manifesta tramite esperimenti (sempre più complessi) eseguibili grazie alle nuove tecnologie, si realizza così la sovrapposizione dello spirito scientifico con quello tecnico. Sull’altro versante, tecnica e industria sono unite poiché quest’ultima rappresenta la ramificazione commerciale della prima, dando origine ad un processo di generalizzata diffusione (tramite il commercio) di strumenti tecnologici. A seguito dell’unione fra scienza, tecnica e industria, si realizza e si diffonde un tipo di mentalità fattualmente calcolante, “empirica”, che annulla la classica diversità tra scienze positive e scienze dello spirito; quest’ultime, infatti, vengono ormai apprezzate solo se dimostrano di fondarsi su una rigorosa metodologia, al pari delle prime. «L’estendersi dell’atteggiamento empirico anche alle scienze morali dà luogo a fenomeni di nuovo genere [...]
È, infatti, chiaro che ormai va scomparendo, per quanto concerne il metodo, anche la differenza tra scienze positive e scienze dello spirito»(42). Viene così a cadere l’eterogeneità degli approcci allo studio dell’uomo e delle sue opere e, l’unica varietà rimanente, è quella delle “specializzazioni scientifiche”. La civiltà attuale, che prende forma a seguito della citata sintesi di scienza, tecnica e industria, non ha eguali nella storia del genere umano, dunque le sue caratteristiche costituiscono per l’uomo una novità assoluta. Novità che, chi non riesce a comprendere(43), considera come un preludio al declino della civiltà occidentale, mentre in esse Gehlen coglie «un sintomo di una trasformazione culturale su scala mondiale»(44). Così come durante la “rivoluzione neolitica”, in cui l’uomo passò dall’esistenza nomade alla vita sedentaria, «la trasformazione fu imprevedibilmente profonda e passò attraverso gli esseri umani»(45), anche le radicali innovazioni di oggi influiscono profondamente nelle forme di vita degli uomini e necessitano di tempo per essere assimilate.