domenica 30 gennaio 2011

"Mezzogiorno di fuoco nei Balcani"

di Loredana Butti (info@primostudio.it)

Entrambe le estremità appartengono alla stessa vasta famiglia. Dovrebbe essere possibile il passaggio, il flusso: delle scoperte tecniche, della coscienza artigianale. Bisogna che tutto questo possa fluire, se non vogliamo essere completamente tagliati fuori dal mondo. Ricordo quel capitolo dell’antico libro cinese dei Mutamenti in cui si dice che il pozzo può essere ben scavato e l’acqua dentro di esso pura, ma se nessuno attinge l’acqua di quel pozzo, andranno ad abitarla i pesci e l’acqua si guasterà
Jerzy Grotowski

(Dalle note sullo sviluppo del progetto)

E' questo il terreno da cui spunta naturale, l’idea di uno spettacolo a 4 mani dove si sperimenta l’incontro e la fusione fra due differenti modi di vivere il teatro, si abbatte la rete del proprio orticello e ci si apre a nuove, possibili contaminazioni.
La compagnia che ci ospita realizzerà – in piena autonomia artistica e organizzativa – il laboratorio Pagine di Guerra finalizzato alla preparazione di tre brevi scene che esplodono come mine in mezzo ai convitati festanti, divenendo così colonna portante dello spettacolo Mezzogiorno di fuoco nei Balcani.
Gli ultimi due giorni di laboratorio saranno collettivi, i due gruppi si incontrano, si mostrano a vicenda i pezzi realizzati e si procede con il montaggio dello spettacolo, seguito dalle prove tecniche, filmate, e generali.
Più i due piani lavoro saranno contrastanti, per forma, ritmo e intenzioni, migliore sarà il risultato del “prodotto finito” da portare non davanti ma in mezzo al pubblico, che passa così dal ruolo passivo di spettatore, a quello attivo e partecipe, assumendo il ruolo corale degli invitati al banchetto di nozze.
Dopo li debutto in “casa “ della compagnia che ci ospita, sarà possibile avviare un ulteriore scambio, portando un loro progetto a Milano nella nostra minuscola ma centralissima "Sala dei Venti" (vedi info sul sito www.primostudio.it)
In questo sviluppo del progetto, "Emergency" sarà nostro partner, promuoverà le serate attraverso i loro gruppi territoriali e invierà alle repliche loro relatori per raccontare il lavoro svolto negli ospedali e centri di primo soccorso, nei molti paesi in guerra.

Testo da trasformare in azioni sceniche in fase di laboratorio e poi montare all'interno dello spettacolo Mezzogiorno di fuoco nei Balcani tratto dal romanzo Ritorno a casa di Natasha Radojcic-Kane.

Personaggi:
HALID figlio di Neda
MOMIR figlio di Stana
AIDA figlia del colonnello
GHURGE il re degli zingari
SIMO il poliziotto corrotto
SOLDATI

Le azioni si svolgono in Bosnia, fra il 1992 e il 1995, durante la guerra nella ex Jugoslavia.


Quadro 1
Sul campo minato

Momir è arruolato nelle file nemiche dell’amico Halid.
Marcia, assieme ai suoi commilitoni, impegnato in un’incursione notturna.
Attraversa selve e boschi, villaggi e città. Giorni, mesi e anni di marcia.
Quella notte, all’improvviso gli torna alla mente sua moglie, la bella Mira e realizza in quel preciso istante che in verità lei non lo ha mai amato.
La vede giovane e bella, alla festa del paese, mentre balla con il suo amico Halid.
E pensa: “Lì sì che era felice, non al nostro matrimonio!”
Dopo lo sgomento arriva la tristezza e poi gli sale la rabbia.
Si sfoga ballando una frenetica break-dance, come faceva prima di quella lunga guerra.
Quando si accorge che i suoi commilitoni procedono e lo lasciano indietro, si mette a correre per raggiungerli.
Mette il piede su una mina e salta in aria come una scheggia impazzita.
Poco dopo due soldati vengono a portare via il suo corpo.

Quadro 2
L’assedio di Sarajevo

Turno di guardia.
Halid entra in un edificio abbandonato, si siede in un angolo e cerca di dormire un po’.
Dalla porta accanto entra qualcuno, lui sente un rumore alla sue spalle e crede di essere caduto in un’imboscata.

Estrae la Luger e spara.
La ragazza colpita al centro della fronte, cade a terra lentamente, come se le avessero dato una leggera spinta giocando.
Le falde del cappotto si aprono. Sotto, legata con cura intorno al collo aggraziato, una bella sciarpa turchese.
E dolce e invitante è anche la posizione che ha preso:
sdraiata sulla schiena con le ginocchia leggermente aperte.
I capelli e la frangia della sciarpa, sparsi intorno come i petali di una corolla.

Halid cerca di arrestare l’emorragia con le mani, ma il sangue continua a scorrere dalla fronte, cancellando i lineamenti.
Alla fine i muscoli del collo cedono e fanno sembrare la testa pesantissima.

Solo in quell'istante Halid riconosce Aida.
Appoggia la testa sul suo cuore e sente che non batte. Prova e riprova ad ascoltare più volte, ma il battito è cessato. Allora d’ istinto l’abbraccia, piano, dolente.
In quel lungo abbraccio, al quale non riesce a porre fine, all’improvviso sente sul corpo di lei qualcosa di voluminoso, fruga e toglie da una tasca un enorme plico di banconote.
Sono preziosi marchi tedeschi, rapido, se le caccia in tasca.
E subito trascina il corpo della sua amica fuori dall’edificio.

Quadro 3
L’esecuzione

Da lontano arriva un latrare di cani.
Entra Halid armato di una bottiglia rotta.

Subito lo raggiungono Simo e Ghurge. Arrivano anche Shukre e Rade.
I quattro lo circondano, brandendo affilati coltelli. Tutti ansimano perché hanno dovuto fare un lungo giro di corsa per arrivare di fronte ad Halid.
Lui si volta di scatto e riconosce Simo, nonostante il sole in faccia vede il lampo e la lama.

Ormai il cerchio intorno a lui è troppo stretto e gli ostruisce la visuale.

Il pallore di Simo contrasta con la sua uniforme, Ghurge ha in testa un cappellaccio gli altri due sono gli stessi di sempre.
Halid gira la testa da una parte all’altra per tenere d’occhio i quattro uomini contemporaneamente.
Ghurge si avvicina. Halid se ne accorge, gira su se stesso e lo colpisce alla spalla.

Poi un dolore terribile gli squarcia la schiena: Simo ha dato il primo colpo.
Cade sulle ginocchia e si tocca la schiena. Ha la mano insanguinata.
Simo gli toglie il coltello di mano con un calcio. Ha il viso in fiamme e lo sguardo vitreo.
Halid tenta di alzarsi. Una fitta gli corre lungo la gamba. Ha il coltello ancora piantato nella schiena.
Spinge più forte che può. Ancora un po’. Ecco adesso è in piedi.

All’improvviso gli si para davanti Ghurge. Sente un'altra fitta che gli lacera lo stomaco.
Ghurge indietreggia tirando fuori il coltello.
Halid abbassa lo sguardo e vede che i pantaloni da bianchi sono diventata rossi.
Un'altra fitta di dolore allo stomaco. Se lo stringe con entrambe le mani, teme di perdere qualcosa in quel fiotto di sangue. Cade di nuovo sulle ginocchia.
Allora si rende conto che sta morendo e un’ondata di panico lo sommerge.
Cerca di costringersi ad alzarsi, di ordinare alle proprie gambe di alzarsi, alzarsi, alzarsi.

Più forte spinge mani e piedi contro il terreno, più difficile è restare in ginocchio.
Si accascia su un fianco.
Poco più indietro vede sua madre. Ha la bocca aperta, muta come un pesce.
Halid non vuole morire guardando i volti dei suoi assassini e striscia verso sua madre.
Un uccello cardinale si posa sul ramo e comincia a cinguettare.
E’ contento che sia un cardinale e non un uccello dal canto triste.
Sente un calcio che lo colpisce alla schiena. Un colpo ovattato, innocuo.
Poi sente passi che si allontanano e altri che si avvicinano.
Mani lo carezzano, con dolcezza, e una voce sussurra al suo orecchio.



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venerdì 21 gennaio 2011

La luna è nuda

di Ledi Shirley Cavalcante (ledishirleycavalcante@gmail.com)

A Leo.


Saudade

Vorrei sentire la voce di sempre,
il tuo sguardo distratto che si posa sul mio
e mi fissa
come se si trattasse della sorpresa più bella.
Vorrei sentire le tue braccia intorno alla vita,
capire che la storia è fatta di tempeste e quiete.
Vorrei ricordare l'odore nei giorni di gioia,
la pace del naufrago che tocca la terra ferma.
Vorrei riavere le dita che disegnano il contorno dei miei piedi,
dipingono il profilo delle mie gambe
e assaggiano il sapore dei miei seni.
Vorrei che quella bocca venisse da me,
che incontrasse la mia
e sapesse di baci e di nostalgia.
Vorrei che quella pelle fosse ancora lenzuola
e avvolgesse il mio corpo nelle notti di pioggia.
Vorrei che la luce di un'unica candela,
nel sentire il tuo bacio,
proiettasse sul muro
le ombre di mille stelle.
Vorrei il sospiro al calare della notte
e le cicale di fuori a comporre le onde.
Vorrei che ballassimo al suono del silenzio
e che la notte nel tuo cuore
accendesse i nostri sogni.


Assenza

D'un tratto sparisci e rimango a piedi nudi
a ricamare passi con la solitudine.
Gli occhi – verso l'orizzonte a squadrare paesaggi familiari
di mare, di cieli, di onde – sognano ancora te.
Adesso è pronto. L'orizzonte ancora limpido,
il vento soffia sulle nuvole,
il sole di nuovo a risplendere sulle squame dell'acqua
e tu che non ci sei più!


Desiderio

Perditi in me
in questa notte opaca e silenziosa.
Abbandona i vestiti e spogliati di ogni parola.
Corri che arriva il vento
magnanime alter ego di sogni soffiati,
portati via da una coppia di pensieri stralunati.
Corri che ancora tremo,
che brucia e arde nel petto la fiamma accesa del sentimento
di scoppiettanti stagioni azzurre
sulla soglia del mio lenzuolo.
Baciami,
dissetami con gesti maturi
raccolti prima del tempo.
Affrettati che chiudono le porte dei sogni
e se non ci sarai i desideri dormiranno
con la testa appoggiata su un cuscino di parole vuote.
Abbracciami in questo silenzio.
Ogni secondo è una carezza di labbra bagnate
col sale della tua pelle.
Corri, che ancora tremo!


Confessioni naufraghe

Sei la somma delle parole dette e di quelle che sono ancora nella tua anima.
Sei un ronzio distante dei ricordi che ho tanto amato.
C'è il nulla oggi, dove un giorno hai vissuto
e ancora navigano le confessioni naufraghe della tua tormenta.
Ho paura di capire che tu non sia reale
e che resti intrappolato nella mia pelle un dolore che io non riesca a sopportare.
Desidero il profumo della tua presenza,
la sensazione vellutata dei sussurri tatuati nella mia mente,
ma la geografia dei miei desideri si ricama di sogni distanti.
C'è freddo in questo caldo tropicale di note umide perse in pensieri lontani,
ma in fondo al calendario un bacio attende ancora la sua alba.
Aspetto il futuro che si trascina nella pigrizia dei giorni
e confonde una volta ancora realtà e sogno.


Le vocali del tuo nome

Non so più pronunciare il tuo nome
una forza vorace e tagliente
mi aggredisce
ogni volta che una semplice vocale
cerca di disegnarti.
Ho rubato tre consonanti e giocato con loro
tra la sabbia di spiagge infinite.
Tre lettere mi hanno giurato eterno amore ed io nel sentirle,
impaurita e vigliacca,
le ho offerto un sorriso consapevole;
amavo loro perché mi riportavano a te.


Ferita da una stella

Brutali i giorni nel silenzio.
Freccia che agonizza nella carne tremante.
Freddo sulla punta dell’ago
che punge il dolore acceso nel cuore.
Impaziente attesa riversata in ore tristi
dove il sogno, più in là della vita,
fa spazio all'ardore di una stella ferita.
Immacolato taglio che pulsa nel profondo.
Se stanotte non passano gli anni
né le parole chiuse nel tuo cuore
almeno nasceranno sogni
nell'imbrunire della tua bocca.

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giovedì 13 gennaio 2011

"Tra totalitarismo e democrazia. La funzione pubblica dell'etica" (foto)

 
Foto della presentazione (del 7/I/2011, a Roma), con introduzione di Miriam Iacomini, del volume e-book:

Federico Sollazzo, Tra totalitarismo e democrazia: la funzione pubblica dell'etica.

Nuova edizione: Federico Sollazzo, Tra totalitarismo e democrazia. La funzione pubblica dell'etica, (coll. Pratica filosofica), Kkien Publishing International, Gorgonzola (MI) 2015.
Ebook scaricabile QUI
 



























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