lunedì 6 dicembre 2010

Tra totalitarismo e democrazia

di Luigi Carotenuto (luigicarotenuto@live.it)

http://www.kkienpublishing.it/wpcproduct/tra-totalitarismo-e-democrazia-federico-sollazzo/
Federico Sollazzo, Tra totalitarismo e democrazia. La funzione pubblica dell'etica, Nuova edizione (coll. Pratica filosofica), Kkien Publishing International, Gorgonzola (MI) 2015
Ebook scaricabile QUI

Come premessa al saggio di Federico Sollazzo, mi torna in mente una dichiarazione del regista Robert Bresson, in occasione dell'uscita del suo penultimo film, forse il più estremo, Le diable probablement: «Mi ha spinto a fare questo film lo sperpero che si fa di tutto, in questa civiltà di massa dove presto l'individuo non esisterà più. Questa immensa impresa di demolizione, dove noi periremo laddove abbiamo creduto di vivere, la si deve anche all'incredibile indifferenza di tutti, esclusi certi giovani d'oggi tra i più lucidi». Era il 1977 e il protagonista di quella pellicola, un giovane, muoveva il suo atto di accusa a una società già fortemente influenzata dalla nuova tecnologia e dalle sovrastrutture politico-sociali.
Oggi, Federico Sollazzo, ci propone un saggio critico fortemente lucido, forse mosso, anche inconsciamente, da ragioni simili a quelle del famoso cineasta, certo con la fiducia di chi crede nella filosofia non solo come mero strumento indagatore, speculativo, ma come mezzo per attuare cambiamenti sociali profondi e tangibili. Anche se, «Il mondo non ha mai ascoltato i suoi filosofi, le loro geremiadi», sentenzia Bauman, e, altrove sostiene che «non esistono soluzioni locali a problemi globali». In questo lavoro, Sollazzo tiene i fili di un serrato, rovente dialogo tra pensatori moderni e antichi, leit motiv il logos, bistrattato, strumentalizzato, usato spesso esclusivamente per brama di potere dall'uomo (come rileva Jonas citando l'Antigone sofocleo: «molte ha la vita forze tremende; eppure più dell'uomo nulla, vedi, è tremendo»). Un testo, (nello specifico, Tesi di Dottorato in “Filosofia e Teoria delle Scienze Umane”), che, come lo stesso autore tiene a precisare nell'introduzione, nasce da una prima ricerca riguardante il concetto di totalitarismo, andata ampliandosi man mano che il magma concettuale si apriva ad altre riflessioni, tutte comunque indirizzate alle umane sorti. Muovendosi, nella prima parte, soprattutto dalle considerazioni della Arendt e degli esponenti della Scuola di Francoforte, il testo si sofferma (ed è uno degli aspetti più interessanti) sulla crisi della ragione individuale prodotta dai governi totalitari che sfocia fino al tragico genocidio nazista. In ogni stato totalitario, sorretto sempre da ideologie asservite al sistema e create appositamente dallo stesso, si attua un processo di disumanizzazione e “desublimazione” dell'arte, il linguaggio si oggettivizza e via via prende forma quell'”uomo a una dimensione” descritto da Marcuse nel quale anche «la parola diventa cliché». Principale scudo di difesa il pensiero («Il pensare è già di per sé un segno di resistenza che sta ad indicare l'impegno a non lasciarsi più ingannare», Horkheimer); interrogativi inquietanti, come quello, per noi contemporanei, di trovarci nuovamente in un regime assolutizzante, tirannico, oltre alla messa in visione dei rischi che comporta la democrazia, molto spesso nome che maschera un sistema oligarchico, per nulla garante di equità dove l'apatia politica “indotta” è un modo per agire indisturbati. Difatti il cittadino viene “educato” a utilizzare il proprio voto soltanto come merce di scambio, nella logica del do ut des già denunciata nell'Ottocento da Tocqueville. Sollazzo insiste, come argine a questa deriva critica, su una filosofia pratica e una conciliazione tra ethos e logos, dato che, come sostenuto da Habermas, sempre più la vita privata si pubblicizza mentre la sfera pubblica si fa intima, segregandosi (e in proposito viene citato il bellissimo libro di Elias Canetti, Massa e potere). Inoltre, i luoghi detentori di cultura, quali università, musei, teatri, dovrebbero farsi voce, cassa di risonanza, della coscienza etico-civile laddove viene a mancare un'autocoscienza collettiva, per sfuggire a quella cultura industriale che annulla ogni capacità immaginativa e irrigidisce gli stili di vita.
L'autore, infine, dopo aver preso in esame i concetti di totalitarismo, democrazia e le varie possibili etiche pubbliche, nell'ultimo capitolo considera, senza illusorie concessioni utopistiche, le prospettive di una possibile pacificazione sociale. Qui parte dal “conosci te stesso” socratico per sottolineare come l'uomo moderno e contemporaneo sia il punto focale affinché non si riducano le questioni precedentemente trattate in banali semplificazioni. Si deve comprendere tutta la problematicità dell'uomo d'oggi e da qui partire per un atteggiamento risolutivo che tenga conto però di ogni contesto (e perfino di ogni uomo, come sottolinea Sollazzo a conclusione del suo lavoro) e cominci sul serio un processo di scambio tra culture differenti, nel reciproco rispetto delle proprie peculiarità che le rendono uniche e allo stesso tempo universali.

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