lunedì 21 dicembre 2009

La vita di “A Serious Man”

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

A Serious Man; regia di Ethan e Joel Coen; interpreti Richard Kind, Fred Melamed, Sari Lennick, Adam Arkin, Aaron Wolff, Jessica McManus, Brent Braunschweig, David Kang, Benjy Portnoe, Jack Swiler, Andrew S. Lentz, Jon Kaminski Jr, Ari Hoptman, George Wyner, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Steve Park, Amy Landecker, Allen Lewis Rickman, Raye Birk, Peter Breitmayer, Stephen Park, Simon Helberg, Alan Mandell; 105 min ca.
La trama di questo ultimo film dei fratelli Coen è abbastanza semplice, non lo è però la sua interpretazione; procediamo con ordine.
Trama. Nel 1967 a St. Louis Park (Minnesota) vive Larry Gopnik, di origini ebraiche, professore di fisica presso l’università del Midwest, dove è in lizza per diventare di ruolo. Il film narra una fase particolare della vita di Larry, la fase in cui una serie di vicissitudini gli mostrano che nella sua vita nulla è come lui credeva che fosse: la moglie Judith gli chiede improvvisamente il divorzio, un divorzio rituale cosicché essa possa risposarsi nella fede con l’amico di famiglia Sy Ableman (vedovo da tre anni, ed in cerca di chi possa sostituire la fu moglie), costringendolo, inoltre, a trasferirsi in un motel, insieme al fratello maggiore (disoccupato e un po’ disadattato e, come Larry inaspettatamente scoprirà, con il vizio del gioco d’azzardo e probabilmente omosessuale) che, in attesa di una sistemazione, dorme nel salone dello stesso Larry; i figli gli alleggeriscono il portafogli, il maschio per acquistare marijuana, la femmina per farsi una rinoplastica; un suo studente coreano (apparentemente integerrimo) cerca di corromperlo e poi lo minaccia di denunciarlo per diffamazione (il tutto con il supporto del padre), per indurlo a promuoverlo, modificando il verbale di un esame al quale era stato bocciato; il vicino di casa (apparentemente una brava persona) è invadente e scontroso, ed ha una moglie che turba il già precario equilibrio interiore di Larry; e così via in un turbine di eventi vari, l’ultimo dei quali, per ragioni interpretative, sarà opportuno citare successivamente.
(Una possibile) Interpretazione. Mentre la serie delle suddette vicissitudini si abbatte sulla sua vita, Larry ripete continuamente “io non ho fatto niente”, volendo così esprimere quella che lui ritiene essere l’ingiustizia di un fato che si accanisce contro chi non ha nessuna colpa, poiché “non ha fatto niente”. Quello che però a Larry sfugge, è che evidentemente lo stesso “non far niente” è di per sé una colpa, ed anche grande, poiché è un’accettazione passiva del mondo (quali che siano i suoi contenuti), una rinuncia al tentativo di dare il proprio contributo, mettendosi così in discussione, alla (ri)costruzione del mondo, e quando, passivamente, non ci si mette in gioco, è inevitabile che non si sia noi, ma qualcun altro (il prossimo o il caso) a determinare il nostro futuro. E’ interessante, infine, l’ultima delle vicissitudini di Larry: proprio quando compie un gesto non da uomo serio, gli arriva una telefonata risolutiva, come a dire che, stante la precarietà della vita, spendere la propria per cercare di calarsi nel cliché di “un uomo serio”, non significa altro che sprecarla.

("Periodico Italiano webmagazine", 19/12/2009)



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