mercoledì 5 agosto 2009

Libertà e (Dis)Uguaglianza non come scopi in sé ma come mezzi di Giustizia

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

La libertà è (così come l’eguaglianza) uno dei valori fondamentali della democrazia, cui essa si ispira e che tenta di concretizzare, è allora interessante ricordare come Norberto Bobbio distingua nel concetto di libertà due diverse sfumature, definite come "libertà negativa" e "libertà positiva". Secondo Bobbio, la libertà negativa è quella in cui un soggetto ha la possibilità di agire senza essere impedito e/o costretto da altri soggetti, è la libertà d’azione, è definibile come "libertà da", è la forma di libertà dei moderni, ha il suo prototipo nelle libertà civili, e nasce da autori quali Thomas Hobbes, John Locke e Charles de Secondat Montesquieu; la libertà positiva è quella in cui un soggetto ha la possibilità di orientare il proprio volere verso uno scopo senza essere determinato dal volere altrui, è la libertà della volontà, è definibile come “libertà di”, è la forma di libertà degli antichi, e nasce da autori quali Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant e G. W. F. Hegel. Il punto di contatto fra queste due forme di libertà risiede nel fatto che l’una implica sempre l’altra, infatti

La ‘libertà da’ e la ‘libertà di’ si implicano nel senso che, essendo due aspetti della stessa situazione, l’uno non può stare senza l’altro o, in altre parole, in una situazione concreta nessuno può essere ‘libero da…’ senza essere ‘libero di…’ e viceversa […] non vi è ‘libertà da’ che non liberi una o più ‘libertà di’, così come non vi è una ‘libertà di’ che non sia una conseguenza di una o più ‘libertà da’(1)

Ora, la libertà, indipendentemente dalle sfumature di significato sopraesposte, risulta sempre soppressa dall’instaurazione di una qualsiasi forma di "potenza", come ad esempio (e sono queste per Bobbio quelle che hanno più profondamente segnato la storia dell’Occidente) la potenza ideologica (quella cioè delle grandi concezioni del mondo), la potenza economica (quella inerente al possesso delle ricchezze) e la potenza politica (quella relativa al controllo delle istituzioni); dunque, non c’è da meravigliarsi che le principali lotte di liberazione combattute, sia a livello teoretico che pratico, in Occidente, siano quelle contro ogni forma di dogmatismo, contro le soggezioni dell’economia e contro la monopolizzazione della politica da parte del/dei sovrano/i di turno. 
Si potrebbero addirittura schematizzare le suddette linee di tendenza come segue:

"Potenza":
ideologica.
"Mezzi di coercizione": 
idee, ideali, concezioni del mondo. 
"Lotta per la libertà come": 
liberazione dalla superstizione religiosa (libertà di pensiero contro la Chiesa e le Chiese).

"Potenza":
economica.
"Mezzi di coercizione":
possesso della ricchezza.
"Lotta per la libertà come":
liberazione dai vincoli di una struttura economica (libertà di disposizione dei beni e libertà di commercio contro il sistema feudale).

"Potenza":
politica.
"Mezzi di coercizione":
possesso della forza.
"Lotta per la libertà come":
liberazione da un sistema politico e legislativo concentrato in una ristretta cerchia di dominanti (libertà civili e libertà politica contro lo Stato assoluto).

"Summa della lotta per la libertà come": lotta contro il dispotismo sotto la triplice forma di dispotismo sacerdotale, feudale e principesco.

Ciò che invece sorprende Bobbio, è che l’Occidente, nel tentativo di liberarsi da quelle potenze, non sia pervenuto all’instaurazione di una forma di autentica libertà, bensì al liberalismo, che Bobbio considera come

Un certo modo d’intendere e di attuare la libertà che, nello stesso tempo in cui rompeva catene antiche, altre, e ancor più dure e forti, ne forgiava e ne ribadiva(2) 

E le nuove catene alle quali Bobbio si riferisce sono quelle della tecnica e della scienza, di quei fattori, cioè, che pur non provocando la perdita delle libertà civili e politiche, determinano la mancanza della libertà di sviluppare tutte le facoltà della natura umana; in tale modo, ciò che provocano non è un semplice processo di asservimento, ma una generale dinamica di disumanizzazione che si manifesta, a livello psicologico come conformismo di massa, a livello economico come mercificazione e reificazione di ogni relazione umana e a livello politico come disinteresse verso ogni forma di partecipazione attiva ai processi decisionali. E’ questo, per Bobbio, il totalitarismo (prodotto tipico della nostra epoca), il quale

non è soltanto un tipo di sistema politico (onde non è del tutto corretto parlare di "Stato totalitario") ma è un tipo di sistema sociale, nella sua globalità, o, se si vuole, è un tipo di Stato solo nel senso in cui, essendo cancellata la distinzione tra società civile e Stato da cui è stata contraddistinta la storia dello Stato moderno, la società intera si risolve nello Stato, è una società integralmente statalizzata […] Ma a differenza delle società sinora esistite […] (essa percepisce la sua mancanza di libertà) non più come una privazione ma come l’appagamento di un bisogno, il bisogno appunto di non essere liberi: quel che in altri tempi era la fuga dalla schiavitù si convertirebbe nel suo contrario, nella "fuga dalla libertà"(3)

Paradossalmente quindi, la sostanza dell’odierna (apparente) libertà, non è la libertà. 

A differenza di quest’ultima, l’eguaglianza non è una qualità od una proprietà di un soggetto (fisico e/o morale), ma è una relazione fra soggetti, il cui contenuto è storicamente condizionato; pertanto anche il suo contrario, la disuguaglianza, non è altro che una relazione che può essere riempita dei più diversi significati, sempre storicamente determinati(4)

Ma, prosegue Bobbio, esiste un punto di contatto fra questi due opposti, entrambi infatti devono essere tesi al raggiungimento della giustizia che, in senso lato, consiste nella possibilità di ciascuno di sviluppare le proprie capacità. Eguaglianza e disuguaglianza, insomma, sono solo delle modalità relazionali, e «ciò che dà a questo rapporto un valore, cioè ne fa un fine umanamente desiderabile, è l’essere giusto»(5). Conseguentemente, Bobbio rifiuta sia il liberalismo (sbilanciato a favore della disuguaglianza), tendente ad uno Stato limitato e garantista, che l’egualitarismo (sbilanciato a favore dell’eguaglianza), tendente ad uno Stato espansionista ed interventista, ritenendo invece la democrazia l’unico regime in grado di conciliare armonicamente la "qualità" della libertà con la "relazione" della (dis)eguaglianza.

1) N. Bobbio, (voce) Libertà, in «Enciclopedia del Novecento», 1979, vol. 3, ristampata in N. Bobbio, Democrazia Totalitarismo Populismo, Nuova Cultura, Roma 2003, pp. 60 e 61, esemplificando: «Quando io dico […] che sono ‘libero di’ esprimere le mie opinioni, dico, e non posso non dire, nello stesso tempo che sono ‘libero da’ una legge che istituisce la censura preventiva. Così come quando io dico che sono ‘libero da’ qualsiasi norma che limiti il mio diritto di voto, dico e non posso non dire nello stesso tempo che, sono ‘libero di’ votare», Ivi; su ciò cfr. M. Ravelli (cura), Norberto Bobbio: maestro di democrazia e di libertà, Cittadella, Assisi 2005.
2) N. Bobbio, Democrazia Totalitarismo Populismo, cit., p. 83.
3) Ibidem, pp. 87 e 90, seconda parentesi mia.
4) Ecco perché, anche nel campione dell’egualitarismo, Jean Jacques Rousseau, si trova uno spunto a favore delle disuguaglianze, quelle naturali che, in quanto tali, vengono considerate benefiche o, perlomeno, moralmente indifferenti, cfr. J. J. Rousseau, Discorso sull’origine delle disuguaglianze fra gli uomini, Feltrinelli, Milano 1997; cfr. J. Carter (cura), L’idea di uguaglianza, Feltrinelli, Milano 2001.
5) N. Bobbio, Democrazia Totalitarismo Populismo, cit., p. 10.

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