venerdì 6 dicembre 2013

Riso, Carnevale, immagini nel "mondo rovesciato". Un'interpretazione del nostro tempo

di Pietro Piro (sekiso@libero.it; II di 2)

III.

Il Carnevale ha aiutato per millenni la società a trovare dei parametri di riferimento, a stabilire delle situazioni limite in grado d’indirizzare i comportamenti e motivare l’agire. Ma quando il Carnevale diventa perpetuo, diffuso, politicamente organizzato e mediaticamente riprodotto, accade quell’inversione fondamentale che impedisce di stabilire quale “piano di realtà” stiamo vivendo.
Il tema del piano di realtà è essenziale per il nostro ragionamento. Dovremmo chiedere a Don Quijote come fa a vedere nei mulini a vento dei mostri terribili e minacciosi. Dovremmo farci spiegare come può un simulacro motivare un’azione tanto energica quanto la sua. Se riuscissimo a farlo, potremmo capire come mai ciò che riteniamo frivolo e volgare esercita molta più attrazione di ciò che riteniamo importante e nobile.
Dobbiamo sapere in quale piano di realtà ci stiamo muovendo e comprendere perché la nostra società è attratta dalle immagini della realtà rovesciata.
Credo che nessuno abbia compreso così a fondo il carattere paradossale e sconvolgente della nostra società come Guy Debord, quando afferma che «nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso»,[1] vero e falso, giusto e ingiusto, morale e immorale, ridicolo e drammatico, sono categorie rese indecifrabili e incomprensibili perché i parametri che stabilivano le coordinate cui facevamo riferimento fino a pochi anni fa, cambiano con una velocità inaudita, ridisegnando le carte e ritracciando i percorsi collettivi e personali. Scrive Debord:

In tali condizioni possiamo vedere scatenarsi all’improvviso, con un tripudio carnevalesco, una fine parodistica della divisione del lavoro; tanto più tempestiva in quanto coincide col movimento generale di scomparsa di ogni autentica competenza. Un finanziere canta, un avvocato diventa informatore della polizia, un fornaio espone le sue preferenze letterarie, un attore governa, un cuoco disserta sui tempi di cottura come momenti essenziali della storia universale. Ognuno può apparire improvvisamente nello spettacolo per darsi pubblicamente, o a volte perché ci si è dedicato di nascosto, a un’attività completamente diversa dalla specialità grazie alla quale si era fatto conoscere finora. Dato che il possesso di uno statuto mediale ha assunto un’importanza infinitamente maggiore del valore di ciò che si è stati effettivamente capaci di fare, è normale che tale statuto sia facilmente trasferibile, e conferisca il diritto di brillare allo stesso modo in qualsiasi altro ruolo.[2]

Siamo confusi, smarriti, pensierosi. Non sappiamo se credere o non credere. Un senso di disincanto e di amarezza ci pervade, ci muoviamo per scatti assecondando traiettorie di fuga, per poi rientrare in tane sempre più blindate.
   
IV.

Il reale non è più parte dell’esperienza del mondo proprio. Ci sfugge nella continua accelerazione del tempo che incombe sempre più come una minaccia. Cerchiamo allora appigli, strade vecchie poco battute, oppure ci rifugiamo nel sogno.
Tutti voi conoscete il celebre capitolo del Zhuang-zi (莊周夢蝶 zhuāng zhōu mèng dié) in cui il filosofo sogna di essere una farfalla e al risveglio, non sa se è lui che sogna di essere una farfalla, oppure è una farfalla che sogna di essere Zhuang-zi. Noi ci troviamo nella stessa situazione. Noi non sappiamo più se il Carnevale è un eccesso che si contrappone a una norma, oppure, è la norma un eccesso che si contrappone alla normalità del Carnevale.
Per quanto ci sforziamo di attraversare il sogno, nulla c’è chiaro definitivamente e la terra sotto i piedi ci sfugge.
Chi può dire in questo momento in cui «il continuo rinnovamento tecnologico; la fusione economico-statale; il segreto generalizzato; il falso indiscutibile; un eterno presente»,[3] dominano la nostra vita, quale sia la realtà?
C’è una realtà o ci sono 6,9 miliardi di realtà? Credo che non ci sia mai stata una sola realtà ma che ci sono state nel corso dei secoli, piani di realtà dominanti, egemonici, vincitori.
Oggi il piano che mi pare dominante è la razionalità tecno-scientifica che non si accontenta «di essere, e, nel nostro mondo di essere il fattore principale o determinante: essa è divenuta Sistema».[4]
Avremmo bisogno di molto tempo ancora per affrontare quest’argomento. Ma il tempo a mia disposizione è terminato. Vi ringrazio e spero che questa relazione possa esservi totalmente inutile.

[1] G. Debord, La società dello spettacolo e commentari sulla società dello spettacolo, Baldini e Castoldi Dalai,  Milano 2013, p. 55.
[2] Ivi., p. 195.
[3] Ivi., p. 196.
[4] J. Ellul, Il sistema tecnico, Jaka Book, Milano 2009, p. 15.

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