venerdì 20 marzo 2009

Benedetto Profilattico

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

Nel suo viaggio in Africa, in corso proprio in questi giorni, Papa Benedetto XVI ha affermato, riferendosi all’AIDS, una delle più diffuse e gravi malattie veneree al mondo, presente su larga scala in tutti i cosiddetti Paesi del Terzo Mondo, in particolar modo nel continente africano, che tale malattia è «una tragedia che non può essere risolta solo con il denaro (…) né attraverso la distribuzione di preservativi che persino aggravano il problema» bensì solo con un «risveglio spirituale e umano». Di fronte a tali affermazioni, le mie modeste capacità di comprensione vacillano, non riuscendo proprio ad afferrare alcuni punti.
Primo: la soluzione risiederebbe in un «risveglio spirituale e umano». Suppongo che con tale frase il Papa si riferisse alla pratica dell’astensione sessuale, ed allo svolgimento della stessa attività sessuale solo per fini procreativi. Ma l’astensione è l’errore speculare a quello dell’avere comportamenti sfrenati e promiscui, in entrambi i casi, infatti, si vive la propria sessualità in maniera disequilibrata e, quindi, inevitabilmente, inconsapevole (non a caso, chi vive la propria sessualità in maniera squilibrata, per eccesso o per difetto, è soggetto molto più di chiunque altro a forme di distorsione della propria libido); quello a cui bisogna mirare, allora, è una forma equilibrata e consapevole di vivere la propria sessualità. Ma, ad ogni modo, anche qualora si volesse praticare l’astensione fino al suggellamento ufficiale della propria unione, ciò non mette certamente al riparo dal contrarre malattie veneree: il virus dell’HIV non fa discriminazioni fra coppie ufficiose ed ufficiali, tutt’altro, esso è molto democratico, accettando ospitalità da parte di chiunque, uomini, donne, single, fidanzati, sposati, bianchi, neri, gialli, cattolici, musulmani, europei, africani, belli, brutti, alti, bassi… e perfino bambini. Veniamo così ad un altro punto che le mie limitate capacità non mi consentono di comprendere.
Secondo: il problema dell’AIDS non si risolve «attraverso la distribuzione di preservativi che persino aggravano il problema». Certo, i preservativi non risolvono il problema (per risolverlo occorrono ben altri strumenti), ma sicuramente arginano la diffusione della malattia, cosa che sarebbe già un primo importante risultato; non credo che un neonato che nasce sieropositivo (la stessa cosa è valida, seppur in termini diversi, anche per gli individui adulti) trovi consolazione nella consapevolezza del fatto che, al momento del concepimento, i suoi genitori non hanno infranto alcun precetto religioso. Insomma, chi è che aggrava il problema, rendendosi corresponsabile della diffusione dell’AIDS, con tutte le tragiche conseguenze che esso comporta? Il preservativo, o chi incita al suo non utilizzo (personalmente avrei dei problemi a prender sonno sapendo di essere potenzialmente corresponsabile dell’infezione anche di una sola persona – ma questi sono problemi della mia mediocre coscienza terrena)? Tuttavia è innegabile che esso, il preservativo, non possa da solo risolvere il problema. E giungiamo così ad un ulteriore punto che le mie ristrette risorse intellettuali non mi permettono di comprendere.
Terzo: l’AIDS è «una tragedia che non può essere risolta solo con il denaro». Che non possa essere risolta solo con il denaro lo capisco, infatti, come abbiamo visto, sono indispensabili anche i preservativi, però anche il denaro può aiutare molto ad incamminarci sulla via della guarigione. La ricerca scientifica, infatti, è fortemente penalizzata dalla scarsità delle risorse economiche a sua disposizione (fra Governi che tagliano i finanziamenti pubblici, e case farmaceutiche che non investono per creare un prodotto che poi avrebbe un numero limitato di acquirenti; se, infatti, esistesse già un farmaco anti HIV, esso avrebbe il suo principale bacino di utenti nei Paesi del Terzo Mondo, ma le popolazioni di quei Paesi non hanno denaro da spendere in medicine), allora, non capisco perché un’istituzione religiosa che sostiene di avere a cuore il bene di ogni singola persona, e che dispone di ingenti risorse economiche, probabilmente superiori a quelle di parecchi Stati (a proposito, qualcuno sa a chi viene assegnato l’8 per mille delle scelte inespresse nella dichiarazione dei redditi?), non ne destini una cospicua parte, anche se a fondo perduto (la Chiesa non è una S.p.A., no?), ad una ricerca scientifica finalizzata alla creazione di un farmaco che possa salvare le vite di miliardi di persone.
Ma questi, come ripeto, sono i pensieri di chi non riesce ad elevarsi a certe vette di comprensione, e se qualcuno volesse provare ad illuminarmi, è sempre il benvenuto.

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